7 marzo 2018
Sono morta e rinata decine di volte: fisicamente, psicologicamente, emotivamente.
Il mio senso della vita continua a cambiare ogni giorno.
Ho paura di poche cose, anzi una, la malattia.
Quando posso rido, cioè quasi sempre.
Piango solo quando è strettamente indispensabile, ossia quando non mi riesce di smettere.
Ho paura di poche cose, anzi una, la malattia.
Quando posso rido, cioè quasi sempre.
Piango solo quando è strettamente indispensabile, ossia quando non mi riesce di smettere.
Vedo il bello in ogni persona, per questo quelle veramente brutte conviene mi rimangano a distanza: non troveremo un punto d'incontro.
Cerco il bello in ogni cosa: meglio il bicchiere mezzo pieno e gli insegnamenti nelle sconfitte. Non lascio tempo a niente e nessuno per farmi abbattere.
Mi carico di impegni, che ci sono un sacco di aiuti che si possono dare.
Ho sperimentato che la felicità è per tutti, anche quando la sofferenza è tanta e troppa: forse sottile, forse breve, ma per sentirla bisogna resettare le coordinate.
Ho chiara la fugacita' della vita: quando decido di fare una cosa non guardo di fronte, ma punto in alto, che potrebbe non bastarmi il tempo.
Mi sento forte, perché se la malattia non mi attacca, non mi abbatto neanche io.
Perdo giorno dopo giorno il senso della vergogna: l'imbarazzo non esiste quando si difendono i propri valori e non ho più dubbi su quali siano le vere vergogne di cui vergognarsi.
Divento esageratamente combattiva se tentano di calpestare la mia dignità: non esistono ruoli o titoli che fanno di una persona la qualità del migliore.
Mi spendo per chiunque: se ripenso a quante ne ho fatte a volte rido da sola. E il vero altruismo l'ho appreso dagli altruisti che mi hanno aiutato.
Non parlo che con poche persone: quelle che parlano alle spalle e dunque non mi riesce.
Ho quasi sempre una risposta ai miei perché, ma le più belle risposte sono quelle senza parole, che passano attraverso gli sguardi: i miei e degli altri che me ne regalano.

Non accetto le risposte che giudicano: piuttosto che con umiltà domandino!
Ho imparato a sentire le vibrazioni, le preoccupazioni, i dolori e ho sperimentato l'impotenza di non poter far altro che rimanere accanto.
Soffro per lo stupido orgoglio degli uomini che ancora esiste, che spreca gli affetti e le ore in una scala di valori che non tiene conto di alcuna priorità.
Insegno quanto più posso della vita che ho conosciuto per sperare che altri faranno prima di me a trovare la serenità che io ho cercato e non smetterò di cercare con infaticabile desiderio.
Potrei non smettere mai di parlare, come di scrivere, con la convinzione che quello che sto dicendo a qualcuno o a molti forse risulterà incomprensibile: anche per me lo sarebbe stato fino a qualche anno fa.
O forse è proprio tutto semplicemente da riscrivere: domani ci penserò.
Magari riscrivero'.
Ma per ora, non avrebbe senso la mia vita diversamente da così.
Marina Midei
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